L'AVVENTURA DELLA CONOSCENZA NELLA PITTURA Masaccio, Beato Angelico, Piero della Francesca

 Nel giro di un quarto di secolo, in pieno Quattrocento, tra Firenze e Arezzo si manifestano tre episodi figurativi che segnano più di altri il passaggio dal Medioevo al Rinascimento, in un serrato confronto tra tradizione e attualità. Storicamente sono anni complessi, difficili, affascinanti. Bisanzio, ultimo baluardo europeo contro i Turchi, subisce l’assedio e la capitolazione per mano del Solimano; la Chiesa, riaffermata stabilmente la sede romana, torna ad essere guidata da un solo pontefice e cerca di riunire alla cattedra di Pietro le comunità greche e armene; gli ordini monastici si riformano per recuperare il carisma dei loro fondatori; nelle città italiane, dove famiglie potenti per armi o per denaro si contendono il primato politico, fiorisce la cultura umanistica nei suoi molteplici aspetti letterari, filosofici e scientifici.



In questo contesto di transizione, audace e contraddittorio, Masaccio saliva sui ponteggi della cappella Brancacci a immedesimarsi, attraverso la pittura, nei gesti e nei passi di San Pietro al seguito di Cristo; meno di vent’anni dopo Beato Angelico, sempre per immagini, rinnovava ai suoi confratelli l’attrattiva dell’affezione a Cristo nelle celle e nei luoghi comuni del convento fiorentino di San Marco; da ultimo, varcata la metà del secolo, in San Francesco ad Arezzo, Piero della Francesca raccontava con evidenza spettacolare i fatti salienti della Leggenda della Croce, facendone monito perché la cristianità non trascurasse l’oriente e Gerusalemme. In questi cicli la dimensione creativa personale degli artisti emerge in un’incontenibile urgenza di bellezza e di significato, che affronta di petto le contraddizioni di un difficile momento storico e culturale, impegnandosi a rendere contemporanei fatti avvenuti nel passato, ma carichi di una pretesa per gli uomini di tutti i tempi.

Proprio dipingendo quei fatti e quei personaggi si realizzava per loro l’avvenimento della conoscenza, la possibilità di un rapporto vivo e impegnato. E quale esperienza faceva un fiorentino che passava dal Carmine e osservava lo sguardo teso e obbediente di Pietro? O un novizio domenicano che entrava nel convento di San Marco pronto a spenderci la vita e si trovava nella cella l’immagine di un suo confratello abbracciato al Crocefisso? O un aretino che appena entrato in San Francesco veniva subito attratto dal dispiegamento cromatico di quella storia che partiva addirittura da Adamo?

Sono queste le domande che ci siamo posti e che vogliamo riproporre in un percorso espositivo che non vuole essere l’impossibile resoconto storico critico su tre protagonisti assoluti dell’arte quattrocentesca, ma l’invito a ritrovarsi in quell’esperienza straordinaria di conoscenza e creatività che è stata innanzi tutto vissuta dai loro autori e che da secoli continua a riproporsi a tutti. Per questo si è voluto creare un itinerario di immedesimazione negli spazi e nelle immagini che verranno riproposti a grandezza naturale, come se ci si ritrovasse nella Cappella Brancacci piuttosto che nei corridoi del convento di S. Marco o davanti al coro di S. Francesco, con modalità rappresentative diverse che privilegeranno l’esperienza visiva che è quella propria dell’invenzione artistica. I tre luoghi saranno fruibili distintamente, ma in certi punti anche reciprocamente rievocati, per comprendere come e quanto questi artisti ‘si guardavano’. La sequenza sarà quella cronologica, cercando di evidenziare come si passa “dalla condensazione onnidrammatica di Masaccio”, attivamente teso sul reale, alla “calma universalità d’interessi”* di Piero, catturato dal fascino della scienza. Forse qui si avverte tutta la criticità del passaggio dal Medioevo all’Umanesimo. Ci accompagneranno in questo affondo documentazioni e provocazioni colte dal più ampio contesto storico e culturale. La mostra si chiuderà con un più serrato gioco di rimandi e di ricordi visivi che confluiranno in un punto sintetico che farà risaltare di questi artisti, come loro lascito, quell’urgenza di conoscenza e di bellezza che, vissuta nel confronto con la tradizione e nell’impegno con il reale, li ha condotti a una riscoperta della fede e a un rinnovamento della cultura artistica

 * le citazioni sono da R. Longhi, Piero della Francesca, Milano 1927

 Con la collaborazione di alcuni studenti di Storia dell’arte dell’Università Cattolica di Milano.

 Mostra curata da: Rossi Marco -Rovetta Alessandro